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Il metodo Ikigai

In questo articolo parleremo di consigli pratici per conservare in salute il nostro corpo e la nostra mente, per una vita lunga e piena, attraverso la lettura di un libro che vi consiglio spassionatamente.

 

Ikigai e scopo di vita

Gli autori H. García e F. Miralles riportano nel loro scritto i risultati di lunghi anni di studi sulla popolazione di Okinawa. In quest’isola alla fine della Seconda guerra mondiale ci furono duecentomila vittime innocenti. Oggi è invece famosa perché vi si contano oltre ventiquattro centenari ogni centomila abitanti. Gli autori hanno dunque cercato di comprendere quale fosse il segreto di questa longevità.
Ciò che è emerso in modo evidente è stato lo stile di vita sano della popolazione, dedita alla vita all’aria aperta, attenta all’alimentazione e sostenuta da una vivace vita sociale.
Ma García e Miralles hanno altresì scoperto un elemento fondante alla base di questo modo di vivere: l’ikigai.
Con questo termine giapponese viene identificato uno scopo di vita, un obiettivo primario al quale ogni individuo dedica tutta la propria esistenza.

Filosofie di vita

Gli anziani di Okinawa si dedicano dunque ad attività che li appassionano e non parlano di lavorare né tantomeno di andare in pensione, perché scelgono delle occupazioni che li appassionano e che continuano a fare fino a quando sono al mondo. La loro vita è sempre al massimo, nella scelta di ciò che li fa stare bene nel corpo e nel cuore.
Un intero capitolo è composto da una serie di consigli e pillole di saggezza di questo popolo. 
Vengono anche riportate alcune interviste rilasciate da diversi centenari nel mondo, che hanno svelato il loro segreto per avere una lunga vita. Si passa dall’importanza del rilassamento, al non mangiare carne, dal tenere la mente occupata al “Semplicemente, non sono morto prima” di Alexander Imich, un uomo polacco sopravvissuto 111 anni.

Dedicarsi sempre a nuove attività 

Ciò che emerge come linea sottile che unisce ogni capitolo del libro è l’importanza di rimanere attivi, con una costante voglia di sperimentarsi e di imparare. 

“A partire dai vent’anni i neuroni iniziano a invecchiare, ma è possibile rallentare il processo con il lavoro intellettuale, la curiosità e la voglia di apprendere”.

Questi anziani campioni di longevità non si accomodano mai troppo nelle loro routine e forniscono costantemente nuove informazioni da elaborare al loro cervello, favorendo sempre nuove connessioni.
Moltissimi gli spunti per nuove abitudini buone da imparare, squisitamente orientali e squisitamente universali, perché il benessere di ognuno non dipende dalla nazionalità, né tantomeno dall’età, ma semplicemente dallo spirito con cui riusciamo ad andare incontro ogni giorno alla vita, con entusiasmo e grinta. Buona lunga vita a tutti!

 

Héctor García e Francesc Miralles 
Il metodo IKIGAI
I segreti della filosofia giapponese per una vita lunga e felice
2018, RIZZOLI BUR Varie

Il buddista riluttante

Lungi dal condurre un discorso di ambito religioso, voglio consigliarvi la lettura di questo libro, che parla prima di tutto di Felicità. L’autore, William Woollard, racconta la sua esperienza di conversione al Buddismo con l’obiettivo di mostrare quanto nella vita sia importante un radicale cambio di prospettiva, per il proprio benessere.

 

L’illusione della felicità di domani

buddhaSiamo abituati a rincorrere la felicità, a pensare che solo se la vita ci porterà ciò che ci manca, se avremo il lavoro dei sogni o la persona giusta al nostro fianco, finalmente godremo della gioia tanto sospirata.
Quest’idea di felicità è illusoria per due motivi:

  • Innanzitutto perché in questo modo diventa per natura dipendente dalla realizzazione di un obiettivo, dall’ottenimento di qualcosa che ci manca. Il fatto che la serenità dipenda solo dalla presenza di alcune condizioni, la rende necessariamente precaria. Abbiamo toccato con mano, in particolare nell’ultimo periodo, come la vita sia imprevedibile. Il fatto di avere un buon lavoro o di trovare la persona giusta o di vivere in una bella casa non sono situazioni che possiamo definire certe in assoluto. Purtroppo tutto è mutabile, indipendentemente dal nostro controllo;
  • In secondo luogo l’illusione che risiede in questa mentalità è pensare che la felicità sia un luogo da raggiungere, un posto sicuro al di fuori di noi.

 

Scegliere di essere felici ogni giorno

In questo libro si riflette invece sul fatto che la felicità è questione di scelta, non di fortuna o di possibilità che riusciamo ad avere o meno dalla vita. È come se avessimo la convinzione di dover aspettare ciò che la vita ci riserva, senza aver nessuna voce in capitolo, sopportando i momenti duri e godendo di quelli più luminosi.
Queste considerazioni ci lasciano in uno stato di profonda impotenza, che ci fa credere di non poter agire per la nostra felicità, se non cercando un lavoro migliore o un nuovo partner.
Ma la via, insegna questo libro, sta nel comprendere che ciò che deve cambiare è il nostro atteggiamento verso quello che ci accade nella vita. Per quanto la nostra vita sia dura, possiamo scegliere di osservarla con maggiore compassione, imparando dalle esperienze difficili e ringraziando per le situazioni gioiose, trovando uno spiraglio di luce anche nei momenti più bui.
In questo modo ci renderemo presto conto che sentirsi felici dipende solo da noi e possiamo scegliere di esserlo ogni singolo giorno della nostra vita, indipendentemente da ciò che ci accade.
In conclusione vi consiglio vivamente questa lettura perchè la ritengo di profonda ispirazione. Uno dei motivi è che viene descritta in modo dettagliato ma scorrevole la filosofia buddista che, come sottolinea più volte l’autore, si rifà alla vita di una persona reale che ha raggiunto la buddità, l’illuminazione, superando con le proprie risorse umane, difficoltà comuni a tutti noi.

“Abbiamo molto più di quanto avessimo in passato. Tranne una maggiore felicità. Sentiamo che la vita debba consistere in qualcosa in più di un accumulo di cose. Di questo tratta il libro: quel qualcosa in più”.

William Woollard

William Wollard
Il Buddista Riluttante
Viaggio di un occidentale alla scoperta del Buddismo
2019, PIEMME Edizioni

Covid-19 capelli bianchi e peli superflui

Questo periodo lo abbiamo vissuto tutti sulla nostra pelle in modo più o meno gravoso. È stato indubbiamente un momento storico che ricorderemo. A questo articolo vorrei però dare un taglio più leggero, per smorzare un po’ l’atmosfera.

Covid-19: parrucchieri ed estetisti chiusi

Per noi figli di una società dell’apparenza, la prova più difficile è stata accettare la parte del Decreto che annunciava che i parrucchieri e gli estetisti avrebbero chiuso. 

Il panico è serpeggiato tra il gel delle unghie, i colpi di sole e le cerette all’ultimo pelo. Tutto questo ad un certo punto è diventato proibito, un lusso da dimenticare. E così a cuore affranto abbiamo dovuto abbassare la testa e accettare.

Ritrovarsi

I giorni passavano e, tra una preoccupazione più profonda e una notizia di spessore, iniziavamo a vedere il nostro corpo di adolescenti tornare alla luce. Abbiamo ritrovato il colore di capelli di cui ci ricordavamo solo sfogliando vecchie foto, abbiamo dato respiro alle unghie soffocate sotto strati di colore, abbiamo riscoperto peli che non ricordavamo di avere. 

È stato un duro colpo all’inizio, ma con il passare dei mesi, ci siamo accorti che in fondo davvero di superfluo si trattava. Le nostre relazioni infatti hanno tenuto, i nostri amici ci riconoscevano lo stesso nelle videochiamate. E piano piano ci siamo ritrovati nature.

L’importanza dell’indipendenza 

E la riflessione meno scherzosa che voglio condividere con voi è come in fondo ci abituiamo in fretta a ciò che non è essenziale e, ciò che è peggio, ne diventiamo dipendenti. 

Viviamo in un momento storico che ci ha bene o male concesso tutto. Volevamo i capelli fucsia e ci bastava un appuntamento dal parrucchiere, volevamo le unghie come gli artigli dei gatti ed era sufficiente chiamare l’estetista. E a questo ci siamo abituati tutti. 

Schiocco le dita e ottengo ciò che voglio, anche a discapito della mia natura e della mia indipendenza. Il fatto che questo lockdown ci abbia costretti a rinunciare a tutto questo ha riportato ad un equilibrio forzato, ma di cui io ritengo si debba tenere conto. 

La tanto anelata serenità passa anche dal non dipendere da nessuno per come ci presentiamo nel mondo, dall’accettare ciò che siamo, capelli bianchi compresi. Ogni parte di noi infatti racconta una storia e se la copriamo con qualcosa che non ci appartiene, rischiamo di dimenticarcene e di perderne il valore.

Siamo sicuramente tornati tutti a rifare il colore, abbiamo fissato rapidamente un appuntamento dall’estetista, ma almeno abbiamo avuto uno spazio di tempo per ritrovarci al naturale e scoprire che comunque non siamo troppo male! Non dimentichiamocene.

È stato un duro colpo all’inizio, ma con il passare dei mesi, ci siamo accorti che in fondo davvero di superfluo si trattava”.