Covid-19

Le conseguenze del Covid-19 vanno ben oltre le problematiche fisiche. Le complessità più insidiose riguardano gli aspetti psicologici. Abituarsi a rimanere chiusi in casa è stato difficile, ma ora è necessario cambiare di nuovo assetto ed essere pronti ad uscire e ad affrontare le emozioni connesse a tutto questo.

È stato un periodo duro, durissimo. Tutte le nostre abitudini, le nostre sicurezze, i nostri punti di riferimento sono stati scardinati, senza preavviso.

Ciò che infatti ha costituito un’aggravante della questione è stata la necessità di adeguarsi ad una nuova situazione impostata, rigida, confusa, senza avere il tempo di rendersene conto. Oggi siamo a passeggiare in un centro città godendoci il calore del sole e da domani le scuole sono chiuse. 

Proprio così ricordo il mio ultimo giorno di quotidiana libertà. Una serena e pacifica domenica di relax, trascorsa a passeggiare e chiacchierare, tra un giro nei negozi e un pranzo all’aperto. Poi d’improvviso il gelo. In un’epoca in cui le notizie ci raggiungono in frazioni di secondo ovunque noi siamo, la domenica è stata stravolta in un attimo dalla paura. Il mio primo pensiero è stato: “Se arrivano a chiudere le scuole, la faccenda è seria”.

E da lì la faccenda è stata sempre più seria, sempre più tangibile, sempre più ingombrante. Rimanendo tuttavia sempre più confusa.

 

L’impatto a livello psicologico

Tanti gli elementi che hanno reso questo Covid-19 un virus ancora più aggressivo di quanto potesse essere. Ci ha aggredito in senso fisico, in senso emotivo, in senso sociale, in senso psicologico. Non abbiamo avuto più alcun appiglio che costituisse la nostra sicurezza intoccabile. 

Non siamo più stati sicuri, nemmeno nelle nostre case. Abbiamo, infatti, forse tutelato il nostro corpo, ma la mente si è turbata in modo inesorabile. L’ansia in gradi differenti da soggetto a soggetto l’ha fatta da padrone su tutte le altre emozioni. In particolare in relazione alla propria salute e quella dei propri cari e per la propria sicurezza economica.

Tutto questo periodo di inattività e di preoccupazione
hanno minato i nostri equilibri.

iorestoacasaSiamo arrivati alla fase 2, dopo un lungo periodo di mille dubbi sulla necessità di rimanere in casa, sull’efficacia dei DPI, sul futuro delle nostre attività, nutrendoci “soltanto” degli affetti più vicini. Ma in fondo ci siamo abituati. Abbiamo costruito il nostro nido su questo albero traballante e ci siamo adeguati ad una realtà paradossale, tra una chiacchiera virtuale e l’altra. 

 

Alcuni hanno vissuto una realtà a parte. Tutti coloro che non hanno mai smesso di lavorare, si sono “goduti” un mondo svuotato dal rumore, dal traffico, dal caos. Hanno tuttavia dovuto affrontare a muso duro la Paura di venire contagiati, essendo i prescelti, a dover stare in prima linea.

 

Fase 2 e siamo chiamati tutti ad uscire

Ora il momento ci catapulta fuori, bardati e distanti, ma necessariamente fuori.

Il cambiamento è repentino e importante. E ancora una volta ci viene richiesto di adeguarci ad un altro mutamento epocale, senza avere modo di metabolizzare. Sapevamo da tempo, pur sempre con un velo di dubbio, che ad un certo punto si sarebbe ripartiti, che le attività sarebbero riprese. Nessuno ci ha ovviamente chiesto se eravamo d’accordo, se eravamo pronti, se ne avevamo voglia. 

Si riparte punto.

E la nostra psiche ancora sballottata dalla fase 1, si immette ammaccata in questa carreggiata, un po’ recalcitrante. E dunque subiamo, accusando il colpo. 

Diverse possono essere le cause del disagio che si continua a vivere in questo momento storico, nella tanto acclamata fase 2:

  • Il virus non è debellato. La facilità di contagio è identica a quando è iniziata la quarantena e la possibilità, dunque, di ammalarsi non è cambiata affatto;
  • Si torna ad una normalità ma che tale non sarà per un tempo indefinito;
  • Rimane un senso di paura dell’altro, quale possibile portatore di un virus invisibile e la conseguente diffidenza sociale;
  • Le famiglie con figli, devono trovare modi nuovi per organizzarsi, con la ripresa del lavoro;
  • L’assoluta confusione che impera nell’informazione: come in ogni argomento, si dice tutto e il contrario di tutto, ma questa volta ad essere in ballo è l’incolumità. Si rischia di ammalarsi, accusando una serie imprecisata ed indefinita di sintomi, oppure si rimane sani, infettando gli altri. Ma nulla di tutto ciò è chiaro a nessuno. Questa evidente mancanza di chiarezza spiazza ogni mente razionale che ricerca naturalmente dei confini, dei paletti a cui aggrapparsi nei momenti di sconforto. 

 

Come agire per sopportare il disagio

ascoltoViene da chiedersi dunque come sopravvivere a tutto questo. Ciò che sicuramente aiuta è procedere per gradi, soprattutto se si avverte una repulsione ad uscire di casa. Laddove sia possibile, prendersi il proprio tempo per avviare questa ripartita. Concedersi qualche passeggiata nei dintorni, delle brevi visite a parenti ed amici, alternate alla nuova routine della vita solitaria casalinga, per permettere all’organismo e alla mente di capire che qualcosa sta cambiando di nuovo. È importante assaporare a piccole dosi il profumo del mondo là fuori, che fino a ieri ha rappresentato un nemico pericoloso e tornare a farci pace. 

 

Nel caso, invece, si fosse obbligati a ricominciare rapidamente,
rimane buona prassi l’ascolto attento di come ci si sente.

Pur nell’obbligo della ripresa, è bene valutare se il disagio che si avverte è sopportabile o se si necessità di un supporto esterno. Un sostegno psicologico può essere utile per dare voce ad emozioni che non vanno lasciate inespresse. Perché ciò che in realtà sembra essere più pericoloso di questo virus è l’attacco al benessere personale, l’aggressione ai propri equilibri. Siamo tutti chiamati a costruircene di nuovi, ma è essenziale che procediamo con cautela rispettando i nostri tempi e le nostre fragilità. La paura è una reazione naturale che in tempi lontani ci ha salvato la vita e che ancora oggi ci mette in allarme quando sentiamo che qualcosa non va come dovrebbe. Quindi se ben gestita ed integrata, quest’emozione può essere una buona compagna, perché ci insegna a procedere con attenzione. Il  panico invece blocca in maniera inesorabile. È meglio dunque prevenire, ascoltare il nostro disagio dandogli spazio e non aspettare che si trasformi in qualcosa di invalidante, con un percorso di cura più lungo e profondo.